L’importanza dello sguardo nella Arti Marziali
Per iniziare subito a comprendere come mai si parli di importanza dello sguardo nelle Arti Marziali, è sufficiente ricordare un famoso proverbio italiano: “gli occhi sono lo specchio dell’anima”. Attraverso gli occhi possiamo leggere lo stato emotivo di chi ci circonda e proiettare all’esterno il nostro. Attraverso lo sguardo manifestiamo la nostra intenzione (yì, 意). Vediamo quindi di approfondire queste ed altre caratteristiche che rendono lo sguardo così importante nella Arti Marziali tradizionali cinesi.
Il potere è nello sguardo
Gli strateghi marziali sono spesso avidi di dettagliate spiegazioni, ma su un punto concordano tutti. Il potere è nello sguardo. Occhi intensi per andare oltre le apparenze. Occhi intensi per tagliare il velo delle speculazioni della mente e trovarsi faccia a faccia con l’essenza delle cose. Capacità di osservazione e conoscenza sono amiche intime. L’una nasce dall’altra [1].
La capacità di osservazione di cui parla Daniele Bolelli è quella di uno sguardo concentrato e presente. È interessante notare le immagini che rievoca la scelta di alcuni vocaboli: “andare oltre”, “tagliare”. Anche l’ultima volta che lo abbiamo incontrato, il Maestro Kong Cheng ha sottolineato l’importanza degli occhi, sia nell’allenamento dei Taolu, sia nel combattimento: “I vostri occhi devono essere come coltelli”. In entrambi i casi non si limita più l’occhio a qualcosa di puramente ricettivo: gli si attribuiscono caratteristiche e funzioni capaci di proiettarsi e agire all’esterno.
I quattro pilastri dell’Arte Marziale
Secondo il Maestro Wang Xian, la prima esigenza del Wushu (e quindi dell’Arte Marziale) è incorporare quattro metodi: Tecnica (shǒufǎ, 手法), Corpo (shēnfǎ, 身法), Passo (bùfǎ, 步法) e Sguardo (yǎnfǎ, 眼法). Lo “sguardo” fa capolino proprio tra i quattro pilastri dell’Arte Marziale [2]. In particolare:
Il “Discorso della boxe” afferma: “gli occhi sono le finestre della mente”. Ogni cambiamento nei movimenti è armonizzato con l’intenzione, e segue la mente e gli occhi. Come ci si può difendere o lanciare il proprio corpo in un attacco senza osservazione e valutazione tramite gli occhi?
Finestre della mente da cui, consapevolmente o meno, possiamo leggere le intenzioni ed emozioni di chi ci sta di fronte o, viceversa, possiamo far trasparire le nostre. Per ottenere i risultati migliori dobbiamo imparare ad “aprirle” nei modi e nei momenti corretti.
Movimento, intenzione, mente e sguardo
All’inizio della pratica nella Arti Marziali tradizionali cinesi, tolto un buon 90% del tempo passato a guardare il proprio maestro per imitarne i movimenti, raramente lo sguardo è rivolto nella direzione della tecnica. Dal momento però che il movimento, armonizzato con l’intenzione, segue mente e occhi, se la mente e gli occhi sono rivolti altrove quale efficacia potrebbe mai avere la tecnica che stiamo eseguendo? Ovviamente, il massimo risultato possiamo ottenerlo solo se riusciamo a far convergere in un unico punto questi quattro fattori, non se alcuni di questi sono divergenti. Come sempre, questo discorso è facilmente estendibile a qualsiasi situazione della nostra vita: anche semplicemente fare un passo, guardando il cielo e con la testa tra le nuvole, può portarci ad inciampare.
La giusta direzione dello sguardo nelle arti marziali
Riportiamo diverse fonti che ci spiegano chiaramente la corretta direzione dello sguardo:
Nella prima fase i criteri che regolano il lavoro degli occhi stabiliscono che lo sguardo venga mantenuto alto e segua la direzione delle mani [2].
Lo sguardo, che dirige i movimenti, viene spostato sulla mano che presiede al movimento: la relazione fra gli occhi e le mani dev’essere costante [3].
Ancora una volta si mette in risalto l’armonia che ci deve essere tra sguardo e resto del corpo. Nella pratica dunque è importante che lo sguardo e le mani siano in costante relazione. Il più delle volte le mani rappresentano la direzione del nostro colpo e, per il discorso di sopra, per massimizzarne l’efficacia è inevitabile che lo sguardo sia rivolto nella stessa direzione. Se questo può essere più facilmente applicabile durante un combattimento, spesso si perde invece di vista la sua importanza nell’esecuzione dei taolu (tàolù, 套路).
Guardare “in basso”
Ci teniamo a riportare anche un altro episodio del nostro ultimo incontro con il Maestro Kong Cheng. Quando gli chiedemmo quali fossero le cose più importanti a cui deve badare un principiante rispose:
- Mento in dentro;
- Lingua poggiata sul palato;
- Spalle rilassate;
- Schiena dritta;
- Petto sgonfio;
- Non guardare in basso.
Troviamo sottolineata l’importanza del “non guardare in basso” anche nelle parole del Maestro Wang Xian:
Devono essere considerati molti aspetti: ad esempio i praticanti spesso trascurano l’importanza degli occhi durante l’allenamento. Agli occhi non dovrebbe essere permesso di guardare in basso o di guardare avanti in modo vuoto e non focalizzato, e la visione periferica dovrebbe sempre essere attiva e vigile [2].
Riprendiamo proprio queste ultime parole per parlare, infine, dello sguardo nel combattimento, in particolare teniamo presente la visione periferica attiva e vigile.
L’importanza dello sguardo nelle arti marziali: il combattimento
Abbiamo detto, proprio in apertura, che attraverso lo sguardo manifestiamo la nostra intenzione. Durante un combattimento però mostrare la nostra intenzione all’avversario potrebbe non essere la scelta migliore. Guardare sempre il punto che stiamo per colpire, permette a un avversario attento di prevedere la nostra tecnica e rispondere sempre in tempo a un nostro attacco. Per questo motivo, la soluzione più indicata normalmente è guardare un punto fisso in direzione del nostro avversario e sfruttare al massimo la nostra visione periferica, per non tradire le nostre intenzioni con lo sguardo. Alla visione periferica viene in soccorso anche la fisiologia umana: sapere infatti come sono allineati alcuni punti del corpo ci permette di intuire la posizione delle gambe senza guardare in basso.
Alcuni “trucchi” con lo sguardo nel combattimento
Lo sguardo potrebbe diventare un’ottima trappola nel momento in cui viene usato per far credere che stiamo per colpire un punto particolare, e quindi “fintare” un attacco. Inoltre, un espediente usato per dare maggior potenza ai propri colpi è quello di portare l’intenzione al di là dell’avversario, come se si dovesse colpire qualcosa alle sue spalle. Anche lo sguardo, in tal senso, viene proiettato “al di là”, e risuona con maggior forza l’idea di avere “occhi come coltelli”, capaci di penetrare ciò che stiamo guardando e “l’andare oltre”. Ma non solo, uno sguardo deciso, sicuro o “feroce” può portarci alla vittoria ancora prima di combattere. A tal proposito, riportiamo in chiusura un estratto emblematico del libro di Bolelli.
Lo sguardo di Mickey Hart
L’insegnante di Judo di Mickey Hart, il percussionista dei Grateful Dead, gli diceva: “La gente pensa che tu sia pazzo. Sei così intenso quando combatti che li spaventi tutti. La loro paura è un’arma potente. Impara a usarla.” Seguendo questo consiglio, prima dell’inizio dei suoi primi incontri, Hart fissava gli avversari negli occhi con il suo sguardo da unno impazzito mentre come un mantra ripeteva senza sosta: “Sei mio”. Gli avversari, a volte molto più esperti di lui, cadevano nella trappola del nervosismo e dimenticavano la loro superiorità tecnica, regalando a Mickey molte facili vittorie [1].
Per approfondire
[1] Per un cuore da Guerriero, Daniele Bolelli;
[2] Chen Taijiquan Maestri e metodi;
[3] Taiji Quan di Catherine Despeux;
I tre errori del principiante.
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