La fortuna del principiante
Con la fortuna del principiante si indica quel particolare fenomeno in cui si riesce a svolgere in modo assolutamente impeccabile una determinata attività che non si è mai (o quasi) praticata. Questo punto di partenza un po’ scontato ci serve per una riflessione su quali siano le cause di questa “fortuna” e se si possa davvero parlare di “fortuna”. In particolare, vedremo qualche esempio pratico e comune legato alla pratica delle arti marziali.
La fortuna del principiante: perché?
Iniziamo subito con un piccolo “gioco” mentale. Proviamo a riportare alla memoria una volta in cui abbiamo sperimentato questa “fortuna del principiante”. Che si trattasse di fare un foro con il trapano, preparare le uova in camicia o fare una proiezione, che stato d’animo ci caratterizzava in quel momento? In merito al discorso che vogliamo affrontare, si potrebbero considerare due principali casistiche. Nella prima si è totalmente convinti di non riuscire nel compito e, infatti, non lo si riesce a svolgere correttamente. La seconda si potrebbe riassumere con un “Beh, già che ci sono, ci provo!”. In questo secondo caso ecco che arriva il “colpo fortunato”.
Fortuna del principiante o mancanza di aspettative?
A questo punto è più chiara la differenza tra i due casi: la presenza o meno dell’aspettativa, dell’attaccamento al risultato. Questo spiega anche perché la fortuna del principiante sia così poco comune da aver preso questo nome: è raro infatti affrontare un qualsiasi compito senza aspettative sul risultato. Abbiamo già trattato il tema del combattere senza attaccamento al risultato. Tuttavia, la fortuna del principiante rappresenta un bell’esempio di come, a volte, quella condizione mentale tanto ricercata da chi principiante non è, si manifesti in modo del tutto inaspettato. Questo ci porta al rovescio della medaglia: se da una parte abbiamo la fortuna del principiante, dall’altra dovremmo avere la sfortuna dell’avanzato.
La sfortuna dell’avanzato
Chi è già pratico di un determinato compito, al contrario, ricade fin troppo spesso in una condizione mentale ben diversa dalle due precedentemente illustrate: l’attaccamento al successo per evitare una “brutta figura”. Anche in questo caso chiunque può richiamare le proprie esperienze di vita, ma abbiamo sperimentato tutti come basta poco a rendere un compito notevolmente più complesso, anche se è qualcosa che è stata svolta migliaia di volte. Esibirsi di fronte a un pubblico o legare il successo a qualcos’altro (“se sbagli un’altra volta sei eliminato”) sono solo due dei tanti esempi. Pensare di non poter sbagliare perché non si è dei principiante ci porta costantemente nella stessa condizione mentale di attaccamento al risultato, con tutte le conseguenze prevedibili. Per riavvicinarci alla nostra materia riportiamo un bellissimo estratto sul tema tratto da “Il discorso del demone sulle arti marziali” [1]:
La fortuna del principiante secondo i tengu
Sono molti quelli che, pur con le migliori intenzioni da una parte di reagire, dall’altra di parare un colpo, sono tenuti in scacco da un avversario non addestrato ma forte e non sono in grado di assestare alcun fendente. E tutto ciò accade solo perché hanno introdotto un’intenzione nelle loro azioni. Quell’avversario non addestrato, invece, potrà non sapere come si debba reagire, e forse non intende colpire per difendersi, ma per il fatto che per natura è forte e non ha paura di niente, e per lui l’avversario è meno che un insetto, non forza intenzionalmente le sue azioni, e non è neppure rigido e non si chiude, non aspetta né si ritira, non ha dubbi né è agitato e, appena si trova davanti all’avversario, lo fronteggia senza indugiare nella riflessione.
Introdurre un’intenzione
La differenza tra chi è addestrato e chi non lo è, secondo il demone tengu, risiede proprio nell’introduzione di un’intenzione. A scanso di equivoci è bene non confondere ciò che qui viene chiamata intenzione (idea pregressa di svolgere una determinata azione) con Yi, l’intenzione in senso marziale. È ancora più chiara la distinzione nella frase seguente, in cui si parla di forzare intenzionalmente le proprie azioni. Il combattimento non può essere forzato, non può svolgersi in modo premeditato: è un ascolto e movimento che si modifica e cambia istante per istante in attesa della giusta intuizione. A tal proposito, è interessante il combattimento di Sherlock Holmes nell’omonimo film che, per quanto scenografico, rappresenta esattamente ciò che non si deve fare in un combattimento:
L’avversario non addestrato
L’avversario forte e non addestrato del brano, al contrario, è sicuro di sé, non ha intenzioni pregresse, non agisce in modo premeditato, è rilassato e senza paura. Perfette condizioni perché si manifesti, appunto, la fortuna del principiante. Nell’allenamento capita spesso di incontrare figure di questo tipo. Il praticante più esperto ha delle aspettative, su di sé e sull’avversario. Si aspetta determinate linee d’attacco (quelle delle tecniche studiate), si aspetta una forza controllata, si aspetta un avversario impacciato (d’altronde è un principiante), timoroso, rigido, debole. Il crollo, come un castello di carte, di tutte queste aspettative di fronte a una certa forza, tecniche disordinate e imprevedibili, rilassamento e coraggio, porta inevitabilmente a una disfatta con conseguente amara delusione.
Da fortuna del principiante ad abilità
Per evitare che si pensi che sia meglio restare “principiante” il tengu puntualizza subito dopo:
Tuttavia, non puoi considerarlo bravo. Anche se non trova ostacoli come un’onda che si frange, quest’uomo si comporta spontaneamente per il fatto che non è illuminato e si affida solamente a un impeto d’ira [1].
Alla caratteristica mentale di rilassamento, ascolto e non aspettativa va quindi inevitabilmente associata l’abilità tecnica. Nessuna delle due può funzionare da sola, come la teoria e la pratica. Conservare l’umiltà nella pratica e lavorare non solo sullo studio della tecnica ma anche sulle sei armonie interne, sull’ascolto, e sulla non-mente; permette di “ritrovare” la fortuna del principiante anche quando principianti non si è più, trasformando a quel punto la fortuna in abilità.
Per approfondire
[1] La Misteriosa Tecnica della Vecchia Gatta e il Discorso del Demone sulle Arti Marziali;
Con quale obiettivo combattere?
Perché nelle Arti Marziali è importante il combattimento;
Ting Jin, l’Ascolto nelle Arti Marziali tradizionali cinesi;
Mente ferma, attenzione e concentrazione;
I tre errori del principiante;
Fang Song, un rilassamento attivo;
La teoria e la pratica nella arti marziali;
Le sei armonie, Liu He.
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