L’Arte come esperienza e l’incredulità

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Copertina dell'articolo L'arte come esperienza e l'incredulità. Immagine tratta da kill bill con un ritocco cartoon, in cui pai mei affianco a beatrix rompe una trave di legno con un pugno
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L’Arte come esperienza e l’incredulità

Due storie, di due epoche diverse, ci parlano del vivere l’Arte come esperienza e dell’incredulità che si può mostrare nel suo studio. Benché gli esiti siano decisamente diversi, almeno per i protagonisti, entrambe parlano del rapporto tra Maestro e allievo e di come spesso, per il Maestro, l’unica via possibile per la mancanza di fiducia nel metodo e l’incredulità dell’allievo sia quella di fargli sperimentare direttamente ciò che si dice. Un Maestro in questi casi deve bilanciare l’umiltà con la necessità di mostrare, anche a chi non è pronto, la capacità di cui si parla. Vediamo quindi, per iniziare, perché è importante una didattica dell’esperienza.

La didattica dell’Arte come esperienza

Si può spiegare l’acqua, ma la bocca non si bagnerà. Si può spiegare tutto sulla natura del fuoco, ma la bocca non si scalderà. Conosci l’acqua e il fuoco solo se li tocchi. Anche se si spiega un libro, non si è sicuri di renderlo comprensibile a chi ascolta. Il cibo può essere definito in modo preciso, ma questo non basterà a placare la fame [1].

Con queste parole Takuan Soho esprime chiaramente l’importanza che riveste, nella pratica marziale, l’esperienza diretta. L’apprendimento esperienziale annovera tra i suoi difensori più recenti diversi famosi pedagogisti. I punti di forza legati all’idea di creare uno spazio, un ambiente, in cui far fare esperienze a chi si rivolge a noi per imparare qualcosa, sono al giorno d’oggi ben noti. In particolare l’Arte Marziale poco si presta a un rapporto “a distanza”, mancando per esempio l’ascolto tramite contatto e il combattimento.

L’arte come esperienza e la fretta

Abbiamo visto che tra le cinque qualità del praticante figurano anche fiducia e perseveranza. Proprio questi due aspetti sono particolarmente legati alle due storie che ci accingiamo a leggere. Dal momento che il metodo è basato sull’esperienza, è necessario del tempo affinché si riesca davvero a realizzare l’esperienza ricercata e i suoi frutti maturino. Il sistema è infatti simile a una scala: all’inizio è quindi necessario fidarsi di chi ci parla dei gradini più elevati, dal momento che ci è realmente impossibile averne esperienza, non essendo ancora saliti neanche su quelli più bassi. Come sempre la virtù sta nel mezzo ed è meglio evitare di essere sia increduli che creduloni. Fretta ed incredulità hanno invece caratterizzato la pratica iniziale di Herrigel Eugen, come lui stesso racconta nel libro “Lo zen e il tiro con l’arco” [2].

Colpire un bersaglio senza “guardare”.

Le domande spesso inappropriate e impazienti di Herrigel avevano portato il Maestro di tiro con l’arco Kenzo Awa a decidere di interrompere gli insegnamenti, per poi riprenderli a seguito delle suppliche del suo allievo occidentale. In particolare, una volta il Maestro Kenzo Awa cercava di spiegare all’allievo che lui non guarda il bersaglio solo esternamente, con gli occhi, ma che bersaglio e freccia si attirano quasi come la mosca e la tela del ragno. La prima vola senza sapere che ci sono tele nei paraggi, il secondo tesse le sue tele senza sapere se ci sono effettivamente mosche che vi si impiglieranno. Nonostante tutto, però, mosca e tela del ragno “si incontrano”. Herrigel sentendo queste parole rispose:”E allora dovrebbe colpire il bersaglio anche con gli occhi bendati [2]”. Al che il Maestro Kenzo Awa lo invitò a ritornare la sera.

Ragazza orientale che tira con l'arco, per l'articolo l'arte come esperienza e l'incredulità

L’arte come esperienza: la prova del Maestro Awa

Quella sera, dopo aver bevuto il té con il suo allievo il Maestro Kenzo Awa (un altro té che preannuncia disfatte) lo portò nella sala esercizi, illuminata e gli chiese di porre una minuscola candela di fronte a uno dei bersagli, in una zona tenuta appositamente completamente in ombra. “Era così buio che non potevo neppure distinguerne i contorni” (del bersaglio, ndL) [2].

La sua prima freccia partì dalla luce piena verso la profonda notte. Dal suono dell’impatto riconobbi che aveva colpito il bersaglio. Anche la seconda freccia lo colpì. Quando ebbi fatto luce nella sala del bersaglio, scoprii con mio profondo stupore che la prima freccia era confitta nel centro, mentre la seconda aveva scheggiato la cocca della prima freccia, fendendone per un tratto l’asta, prima di conficcarsi accanto a essa nel centro [2].

Il bersaglio si è colpito da solo

Ad ogni modo so che non sono “io” a cui si può attribuire quel colpo. “Si” è tirato e “si” è colpito [2].

La performance artistica del Maestro Awa ha dimostrato all’allievo la veridicità delle sue parole. Ma, non appena conclusa, il Maestro ha subito sottolineato come la freccia e il bersaglio si siano appunto comportate come la mosca e la tela del ragno. Il suo merito è stato solo quello di fare da tramite per il loro incontro. Per fortuna di Herrigel, il Maestro Awa non ha voluto usare lui come bersaglio. Clemenza che, come vedremo, probabilmente non avrebbe avuto il Maestro Dong Haichuan nella stessa situazione.

L’arte come esperienza e le tecniche di palmo

La storia seguente circola nelle scuole di Bagua Zhang e, in diverse forme, si trova raccontata anche in qualche sito inglese o cinese specializzato. Una versione vede il Maestro Yin Fu (Yǐn Fú, 尹福) più umile rispetto all’altra, forse a discapito però del contenuto istruttivo della vicenda. In ogni caso, al tempo della storia Yin Fu era già un abile Maestro di Arti Marziali. Il suo corpo esile e la sua micidiale capacità di afferrare e stringere con le mani gli fecero guadagnare due soprannomi: Yin l’esile (shòu Yǐn, 瘦尹) e Yin Bracciali di Ferro (tiě zhuózi Yǐn, 铁镯子尹). È risaputo che Dong Haichuan accettasse solo allievi che già avessero una profonda conoscenza delle Arti Marziali, e Yin Fu pertanto sembrava avere tutti i requisiti. Si presentò dunque dal Maestro Dong Haichuan per poter diventare suo allievo.

L’incredulità di Yin Fu

La prima versione vede Yin Fu presentarsi al cospetto di Dong Haichuan, avendo sentito parlare di lui come di un abilissimo Maestro, e inginocchiarsi di fronte a lui. Quest’ultimo era seduto e teneva la sua pipa nella mano sinistra. Vedendo Yin Fu gli chiese se si fosse presentato con l’intenzione di combattere con lui.

La versione in cui Yin Fu risponde umilmente

Yin Fu, ricordando tutto ciò che gli era stato raccontato dell’uomo che aveva di fronte rispose umilmente: “Non oso, non oso!”. Al ché, Dong Haichuan gli rispose che già che era lì poteva fare comunque due scambi con lui e che ne sarebbe valsa la pena. Yin fu rispose con una frase idiomatica cinese comune: la deferenza non è un sostituto dell’obbedienza (gōng jìng bù rú cóngmìng, 恭敬不如从命), accettando in questo modo il confronto. Yin Fu andò incontro a Dong Haichuan fingendo un attacco con la mano sinistra e attaccando con la destra verso il suo volto. Dong Haichuan, senza scomporsi, abbasso l’attacco di Yin Fu con la mano destra (con la sinistra teneva la pipa) e ruotando il palmo eseguì la tecnica Qilin sputa/lancia il libro (qílín tǔ shū, 麒麟吐书) colpendolo sul labbro superiore e rompendogli gli incisivi [3].

La versione in cui Yin Fu è incredulo

Yin Fu non solo rispose affermativamente, ma aggiunse che tutti raccontavano come Dong Haichuan combattesse usando tecniche di palmo ma lui non credeva che queste potessero davvero essere efficaci in combattimento. In tutta risposta, iniziato il confronto tra i due, Dong Haichuan colpi Yin Fu con una tecnica di palmo sul viso, rompendogli gli incisivi.

La medesima conclusione

In entrambi i casi Yin Fu riconobbe la superiorità del Maestro e divenne suo allievo. In aggiunta, dal giorno portò sempre dei baffi lunghi per nascondere la mancanza dei due incisivi, baffi che è possibile ammirare in questa foto.

Fotografia del Maestro Yin Fu

Comunque fosse davvero andato l’incontro, il Maestro Yin Fu ne ebbe il ricordo e i segni tangibili per tutta la vita.

L’Arte come esperienza e le morali della storia di Yin Fu

La seconda versione della storia, come accennato, è più ricca di spunti di riflessione. In primo luogo sottolinea che non è mai conveniente sfidare un maestro a meno che non si sia davvero pronti a tutto. In risposta a una sfida, infatti, un maestro potrebbe trovarsi costretto a scegliere tra “perdere la faccia” e “far del male a chi l’ha sfidato”. Ma anche se fosse assolutamente indifferente, come dovrebbe, a ciò che pensano gli altri di lui, dovrebbe comunque valutare se per lo sfidante è più istruttivo vincere o perdere, con tutto ciò che ne consegue per entrambi. In secondo luogo, mostra come il modo migliore per smentire l’incredulità di una persona sia darle esperienza diretta del suo essere in errore. Il colpo di palmo di Dong Haichuan ha immediatamente dimostrato a Yin Fu l’efficacia dei colpi di palmo in combattimento. L’arte come esperienza è la scelta migliore per l’incredulità.

Per approfondire

[1] Kendo – Gli insegnamenti di spada di un maestro Zen samurai;

[2] Lo zen e il tiro con l’arco;

[3] Articolo sulla storia di Yin Fu (Cinese);

Ting Jin, l’ascolto nelle Arti Marziali tradizionali cinesi;

Perché nelle Arti Marziali è importante il combattimento;

Le cinque qualità del praticante;

I tre insegnamenti importanti di Banzo;

Con quale obiettivo combattere;

Dong Haichuan;

Cheng Tinghua;

Come riconoscere e scegliere un buon maestro;

Questo articolo è stato scritto senza utilizzare in nessun modo l’IA.

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