La teoria e la pratica nelle arti marziali
Nelle Arti Marziali, la teoria e la pratica vanno a braccetto. O meglio…”in teoria” dovrebbero andare a braccetto, “in pratica” però succede meno volte di quello che si pensi. Probabilmente, alla base di questo errore c’è la confusione tra Arte Marziale e sport da combattimento. Ed è proprio da questa distinzione che partiremo.
Arte Marziale vs sport da combattimento
In precedenza, abbiamo riportato che il significato di Arte Marziale è riconducibile, etimologicamente, a Via del Guerriero. Praticamente ogni articolo che abbiamo scritto finora è come un piccolo mattone di quel grande edificio che rappresenta la Via del Guerriero. Tutti i principi teorici; gli insegnamenti trasmessi dai Grandi Maestri del passato e dai testi classici; le applicazioni alla vita quotidiana dei principi marziali, e tutte le difficoltà legate a questa pratica; i principi etico-morali che in qualche modo cercano di guidare il praticante; tutto questo è l’aggiunta all’esercizio del corpo in sé e per sé che distingue un’Arte Marziale da uno sport da combattimento. Un’Arte Marziale non può ridursi al solo esercizio fisico. Questo non significa che non si possa trovare un buon insegnante di questi stessi principi anche praticando uno sport da combattimento, significa semplicemente che in quel caso è un piacevole extra, non un requisito necessario.
La teoria nelle Arti Marziali tradizionali cinesi
Il Taijiquan, come quintessenza della cultura tradizionale cinese, ha una teoria sistematica e profonda, e il suo apprendimento e la sua comprensione non possono essere raggiunti in un solo giorno. Pertanto la comunicazione e lo sviluppo del Taijiquan non possono essere separati dall’esplorazione e dal perseguimento della sua teoria completa e profonda, e dal significato che questa teoria trasmette mentre si batte per la realizzazione del proprio sistema e dei suoi valori fondamentali [1].
Chen Xiaowang evidenzia in questo estratto l’importanza dello studio teorico nella pratica del Taiji Quan. Questi stessi concetti sono ovviamente estendibili allo studio e alla pratica di qualsiasi altro stile delle Arti Marziali tradizionali cinesi. Aggiungiamo che non è tanto la conoscenza dei principi teorici ad essere fondamentale, quanto lo loro comprensione. Sottolineeremo questo aspetto anche in chiusura. La comprensione dei principi aiuta nell’apprendimento “fisico” dell’Arte.
La teoria aiuta la pratica
Con un’adeguata base di conoscenze gli studenti possono abbinare la pratica alla teoria, impedendo al loro allenamento di deviare verso una direzione sbagliata. I maestri avevano una grande preoccupazione di assicurare che ogni studente dovesse perlomeno sapere che cosa denota il termine Taijiquan, quale sia il principio teorico che gli dà origine, le sue caratteristiche uniche, i suoi principi di movimento, le regole e i requisiti fondamentali per la pratica, le sue teorie tattiche e marziali, e la sua integrazione con la filosofia classica [1].
Anche il Maestro Chen Zhenlei rimarca l’importanza dello studio della teoria, offrendo buoni spunti di partenza sulle basi che si dovrebbero conoscere studiando il Taiji Quan. La comprensione teorica non dovrebbe poi limitarsi alle specificità dello stile, né ai principi strettamente legati alla pratica marziale. L’essenza dell’Arte Marziale cinese è un buon esempio di quanto stiamo affermando.
Non solo teoria marziale
Il principio e il metodo di pratica forniscono le basi dalle quali partire per la formazione, e la comprensione di essi aiuta a dare un senso al processo di apprendimento. È un prerequisito, quindi, che i praticanti e i potenziali studenti leggano e acquisiscano una certa conoscenza di argomenti correlati, come la cultura antica cinese (e quindi la filosofia e la terminologia che il Taijiquan porta con sé), gli aspetti della teoria medica cinese che sono stati adottati dal sistema, la conoscenza di come le antiche strategia di guerra hanno influenzato il Taijiquan e così via [1].
Sempre il Maestro Chen Zhenlei sottolinea l’importanza degli “argomenti correlati”. Solo immergendosi davvero nella cultura ad ampio spettro è possibile iniziare a padroneggiare termini specifici, cogliere sfumature, comprendere i principi. Tutto questo sempre per fornire una solida base per la pratica.
La pratica nelle Arti Marziali tradizionali cinesi
In effetti, bisogna considerare che un altro problema “occidentale” osservabile è l’eccesso di importanza dato alla teoria, a discapito della pratica. L’idea di poter apprendere la pratica dalla lettura dei libri, dall’ascolto di conferenze o dall’imitazione di movimenti visti in un video, è tristemente diffusa.
Si può spiegare l’acqua, ma la bocca non si bagnerà. Si può spiegare tutto sulla natura del fuoco, ma la bocca non si scalderà. Conosci l’acqua e il fuoco solo se li tocchi. Anche se si spiega un libro, non si è sicuri di renderlo comprensibile a chi ascolta. Il cibo può essere definito in modo preciso, ma questo non basterà a placare la fame [2].
Benché queste parole siano di Takuan Soho, non si limitano ai soli confini giapponesi. Nell’Arte Marziale non si può procedere senza la pratica vera e propria, senza il sudore e la fatica, senza il contatto diretto con un maestro.
La pratica aiuta la teoria
Per contatto diretto con un maestro si intende un contatto letterale: le sue correzioni, la pratica a coppia, il Tui Shou, lo sparring. In caso contrario, si ricade in una mera lezione frontale teorica:
È improbabile che si raggiunga un’autentica conoscenza attraverso spiegazioni date da un’altra persona [2].
L’importante è sempre mettere in pratica ciò che si apprende e si comprende, testarlo e verificarne l’autenticità e bontà. In tal senso la pratica ci permette di non cadere in inganni teorici, degli altri e di noi stessi. Degli altri, per esempio, nel momento in cui crediamo a capacità mirabolanti senza testarne la veridicità; in noi stessi, nel momento in cui ci convinciamo di saper fare qualcosa senza aver davvero fatto i conti con la realtà delle cose. La pratica ci permette di evitare di “predicare bene e razzolare male”.
L’unione di teoria e pratica
Anche se conosci il “principio”, devi padroneggiare perfettamente l’uso della tecnica. E anche se sai impugnare bene la spada, ma non hai chiari gli aspetti più profondi del “principio”, non raggiungerai mai una piena abilità.
La “tecnica” e il “principio” sono come le ruote di un carro [2].
Teoria e pratica devono procedere quindi di pari passo, per evitare di cadere in intellettualismi (come nel caso del grammatico) o in virtuosismi meccanici. Tenendo ben presente quella “distanza tra comprendere, saper fare e vivere ciò che si fa, vale a dire sentendo, cioè sperimentando nel proprio corpo quello che si credeva di sapere”, che sottolinea Kenji Tokitsu nel suo libro [3]. A tal proposito, è interessante riportare un estratto dello stesso che ben spiega questo concetto.
Vivere ciò che si fa
Per poter praticare efficacemente, è necessario passare attraverso una fase di comprensione intellettuale. Molti ristagnano e restano in questa fase, perché non sono coscienti dell’ostacolo da superare; […] Invece nel tai-chi (Taiji Quan), nel kiko (Qi Gong), nelle arti marziali… o nella pratica corporea in generale, l’essenziale è proprio arrivare a vivere ciò che uno fa, vale a dire realizzare compiutamente il proprio sapere nel corpo [3].
Realizzare i principi appresi nel corpo; vivere ciò che si fa in ogni momento della giornata; percorrere, per questo, la Via del Guerriero con coerenza: questo dovrebbe essere il fine verso cui tendere, costantemente, grazie al lavoro coordinato e complementare di teoria e pratica. A tal proposito ci è utile l’effigie del Maestro Liu Jingru da cui traspare che non ha solo studiato e praticato Bagua Zhang ma, in un certo qual modo, lui è Bagua Zhang.
Per approfondire
[1] Chen Taiji Quan – Maestri e metodi;
[2] Kendo – Gli insegnamenti di spada di un maestro zen samurai;
[3] Kenji Tokitsu – La ricerca del Ki;
Perché nelle Arti Marziali è importante il combattimento?
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