La fisica e la geometria dell’Arte Marziale

da | 2024 Set 8 | Teoria marziale | 0 commenti

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Copertina dell'articolo la fisica e la geometria dell'arte marziale. Un taijitu rosso al centro con diverse formule fisiche sullo sfondo, un cerchio al centro e un triangolo sulla destra.
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La fisica e la geometria dell’arte marziale

Prendendo come spunto di partenza le parole di Zheng Man Qing, proviamo in questo articolo a studiare, nel modo più semplice possibile, la fisica e la geometria dell’Arte Marziale. In particolare, vedremo in che modo i principi alla base delle Arti Marziali tradizionali cinesi siano strettamente collegati a pochi e semplici elementi della fisica. Come in altri casi, prenderemo in esami alcuni elementi particolarmente significativi, riservandoci in futuro di trattarne anche di altri. Affinché il tutto sia comprensibile a chiunque decida di leggere questo articolo, inizieremo proprio con una piccola carrellata delle grandezze fisiche che ci interesseranno.

Le grandezze fisiche dell’arte marziale

Daremo ora delle piccole definizioni delle grandezze fisiche che ci serviranno nella lettura di questo articolo. Nel far questo il nostro obiettivo è principalmente quello di rendere chiara la comprensione della grandezza, non tanto quello di riportarne la definizione ufficiale. Ci prenderemo qualche “licenza poetica” e punteremo a usare esempi pratici rinunciando ad essere eccessivamente precisi e “accademici”. Inoltre rappresenteremo in carattere normale le grandezze cosiddette scalari, quindi rappresentabili semplicemente con un numero, e in grassetto quelle vettoriali (quindi rappresentabili con numero (modulo), verso e direzione. Per meglio comprendere questo pensiamo alla grandezza vettoriale come a una freccia e osserviamo le immagini seguenti:

Immagine con due vettori, frecce, con stesso modulo, direzione ma verso opposto.

Due vettori con stesso modulo (lunghezza), stessa direzione, ma verso opposto.
Immagine con due vettori, frecce, con stessa direzione e stesso verso, ma modulo diverso.

Due vettori con stessa direzione, stesso verso ma diverso modulo.
Immagine con due vettori, frecce, con stesso modulo, ma verso e direzione diversi.

Due vettori con stesso modulo ma direzione e verso diversi.

Lista delle grandezze fisiche

Premesso questo ecco la lista delle grandezze:

  • Accelerazione di gravità (g): è una grandezza vettoriale rappresentativa della forza che il pianeta terra esercita sulla nostra massa attraendoci verso il centro. È considerata costante in tutto il pianeta;
  • Massa (m): grandezza scalare che rappresenta la quantità di materia di un corpo;
  • Velocità (v): grandezza vettoriale che rappresenta in quanto tempo viene percorso un determinato spazio;
  • Forza (F): grandezza vettoriale che si può considerare come quel qualcosa che causa una variazione dello stato in cui si trova un corpo o una sua deformazione;
  • Forza centripeta (Fcp): durante la rotazione di un corpo, la forza centripeta è una forza che ha come verso e direzione il centro del corpo;
  • Forza centrifuga (Fcf): durante la rotazione di un corpo, la forza centrifuga ha la stessa direzione della forza centripeta ma verso opposto.
Rappresentazione di una forza centripeta.

Rappresentazione grafica di una forza centripeta.

 

Rappresentazione di una forza centrifuga.

Rappresentazione grafica di una forza centrifuga.

 

Lista delle grandezze fisiche “complesse”

Vediamo ora alcune grandezze fisiche che si determinano sulla base delle prime che abbiamo elencato:

  • Peso (p): grandezza vettoriale definita come prodotto della massa per la forza di gravità, che come abbiamo visto è considerata costante. Il peso è quindi maggiore se è maggiore la massa, minore se minore. La massa può quindi essere pensata come quel fattore che definisce il nostro peso, definizione che ci tornerà utile soprattutto marzialmente.
  • Quantità di moto (q): grandezza vettoriale data dal prodotto della massa di un corpo (m) per la sua velocità (v). Possiamo pensarla come la caratteristica di un corpo di trasmettere moto durante l’urto con un altro corpo.
  • Impulso (i): grandezza vettoriale che rappresenta per quanto tempo una certa forza viene applicata a un corpo. È data dal prodotto della forza per il tempo in cui è applicata.

Principi e leggi fisiche da considerare

Prima di iniziare a parlare effettivamente di Arti Marziali ci mancano solo alcuni principi e leggi fisiche che useremo nella trattazione.

Somma di grandezze vettoriali

Abbiamo visto che le grandezze vettoriali sono rappresentate da modulo (un numero), direzione e verso. Vedremo come si possono sommare due vettori più che altro per delle conseguenze derivate da questo metodo di somma. La regola grafica più semplice è quella del “parallelogramma”. I due vettori da sommari si posizionano con l’origine coincidente, si disegna il parallelogramma che ne deriva considerando i due vettori come lati, la diagonale del parallelogramma sarà la loro somma:

Immagine che rappresenta la somma di due vettori a e b con la regola del parallelogramma.

Dal momento che un vettore può essere considerato la diagonale di un numero infinito di diversi parallelogrammi, ogni vettore può essere scomposto in altri due che soddisfino questa regola:

Immagine che rappresenta come uno stesso vettore possa essere considerato somma di una coppia di vettori diversi.

Il vettore somma in questo caso può essere ottenuto sia sommando a1 e b1 sia sommando a2 e b2.

In particolare, questo ci servirà quando parleremo della deviazione degli attacchi.

Legge di conservazione della quantità di moto

Questa legge è molto importante perché afferma che in un urto in cui non agiscono altre forze esterne, la quantità di moto complessiva è costante. Per fare qualche esempio, prendiamo una sfera di metallo in movimento che ha quindi una certa quantità di moto, prendiamo un’altra sfera di metallo ferma (quindi con quantità di moto pari a zero) e ipotizziamo che la prima urti la seconda. In virtù di questa legge vedremo la sfera ferma iniziare a muoversi e la sfera in movimento fermarsi. Questo famoso soprammobile ben rappresenta questo effetto:

Sfere di Newton

È interessante anche riflettere sul fatto che due sfere di masse diverse possono avere la stessa quantità di moto e la più “piccola” ha una velocità maggiore.

Relazione tra impulso e quantità di moto

Infine, ci sarà utile considerare la relazione che esiste tra impulso e quantità di moto. È possibile dimostrare, ma qui non ci interessa vedere come, che in un sistema isolato (senza altre forze esterne) l’impulso è uguale alla variazione di quantità di moto. Quindi:

F × (t2 – t1) = (m2×v2 – m1×v1)

Questa uguaglianza evidenzia una cosa che ci tornerà utilissima: possiamo far muovere un oggetto allo stesso modo sottoponendolo a una grande forza per poco tempo, o a una piccola forza per molto tempo. Inoltre, ci permette di esprimere la forza come:

F=m2×v2m1×v1t2t1F = \frac{m_{2} v_{2} – m_{1} v_{1}}{t_{2} – t_{1}}

Fisica e geometria dell’Arte Marziale: l’urto

Date tutte queste premesse, forse un po’ complesse e noiose per i più, possiamo passare alla parte più pratica del discorso. Che si parli di sparring (tecniche di pugno/calcio/ecc) o lotta, l’Arte Marziale consiste sostanzialmente nell’applicazione di una forza in un punto. Nel primo caso, in particolare, l’argomento è quello degli urti. La fisica che ci interessa è pertanto legata alla quantità di moto, all’impulso e alle leggi a questi correlate. Sia un pugno che si muove verso un bersaglio, che il bersaglio stesso, hanno una loro quantità di moto, funzione di massa e velocità di ciascuno. Nell’urto, la forza con cui si colpisce dipende dalla differenza di quantità di moto tra pugno e bersaglio e dalla durata di questo urto.

F=mpugno×vpugnombersaglio×vbersagliotfinaletinizialeF = \frac{m_{pugno} v_{pugno} – m_{bersaglio} v_{bersaglio}}{t_{finale} – t_{iniziale}}

Massimizzare la forza d’impatto

Per massimizzare la forza con cui si colpisce si può quindi agire su due fattori:

  • Massimizzare la differenza di quantità di moto tra pugno e bersaglio;
  • Diminuire la durata dell’urto.

Per massimizzare la differenza di quantità di moto in primo luogo conviene colpire un bersaglio fermo o addirittura che viene verso di noi. Questo perché la differenza tra due forze con verso opposto è in realtà pari alla loro somma (nella sottrazione si cambia verso al vettore sottratto).

Immagine che rappresenta la differenza di due vettori con stessa direzione e verso opposto. Per l'articolo fisica e geometria dell'arte marziale.

In secondo luogo si può aumentare la massa (ma non sempre è possibile e conveniente) o la velocità (soluzione prediletta nelle Arti Marziali). Per diminuire la durata dell’urto normalmente si “richiama indietro” il pugno dopo il contatto. Colpire senza richiamare la tecnica viene in realtà considerato più che altro “spingere”. In questo caso la forza viene distribuita in un tempo elevato, dando al bersaglio maggiore capacità di assorbirla.

Fisica e geometria dell’Arte Marziale: il cerchio

Secondo la tradizione marziale del Taiji Quan (ma non solo), il praticante deve pian piano “farsi cerchio” (o sfera, in tre dimensioni). Questo significa che deve essere capace di portare una spinta in tutte le direzioni. Il cerchio è marzialmente considerato la forma perfetta anche perché rappresentativa di un certo equilibrio, equidistanza dal centro. Inoltre gode di una naturale inclinazione alla rotazione. Ci rendiamo conto di questo quando proviamo a infilzare un oliva con uno stuzzicadenti, benché l’oliva non sia esattamente circolare (e anche per questo riusciamo nell’impresa). Un’altra immagine che aiuta a comprendere questo concetto è quella del palloncino, in cui l’aria all’interno spinge costantemente in tutte le direzioni e possiamo avvertire maggior forza nel momento in cui premiamo sulla sua superficie con le dita.

Immagine che rappresenta un cerchio con diverse forze che dal centro vanno verso l'esterno (centrifughe). Per l'articolo fisica e geometria dell'arte marziale.

Fisica e geometria dell’Arte Marziale: il cerchio e la forza in entrata

Vediamo ora come si dovrebbe comportare chi “si è fatto cerchio” (o quanto meno sta imparando a diventarlo) di fronte a una forza in entrata, per esempio un pugno. Rappresenteremo ora il pugno come una grandezza vettoriale. Avrà quindi un modulo, che ne rappresenta la forza con cui viene eseguito, una direzione e un verso. Ad un certo punto del suo tragitto entrerà in contatto con il nostro cerchio. Nei primi paragrafi abbiamo visto che una qualsiasi forza, quindi anche quella del pugno di cui parliamo, può essere scomposta in due forze a condizione che rispettino la regola del parallelogramma. Possiamo quindi scomporre la forza P del pugno in una forza centripeta Fcp (verso il centro) e una forza tangenziale Ft:

Immagine che rappresenta una forza d'attacco P, a contatto con un cerchio, scomposta in due forze: una centripeta Fcp e una tangenziale Ft. Per l'articolo la fisica e la geometria dell'arte marziale.

Neutralizzare questo attacco, significa trovare il modo di neutralizzare queste due forze.

Neutralizzare la forza centripeta: Peng Jin

Se io dovessi ricevere una forte spinta centripeta, allora dovrei rendere un’eguale quantità di forza centrifuga; se anche ricevo una spinta centripeta forte, la posso comunque neutralizzare fintanto che riesco a impiegare la funzione del principio della sfera [1].

Per neutralizzare la forza centripeta dobbiamo a nostra volta generare una forza che sia uguale in modulo e direzione ma abbia verso opposto (quindi centrifuga), in modo che le due forze abbiano somma zero. L’allenamento di Peng Jin (Péng Jìn, 掤劲) ci permette di sviluppare questa abilità. Peng Jin (“forza di parata” o “parare”) consiste proprio nel generare una forza uguale e contraria a quella a cui siamo sottoposti, proprio come un palloncino o la superficie dell’acqua:

Secondo Chen Pinsan, tale forza è come l’acqua che trasporta la barca, espressione che rende, ad un tempo, la sua elasticità ed il suo potere di neutralizzazione della forza dell’avversario [2].

Peng Jin attraverso ascolto e rilassamento

Per poter restituire a un avversario la stessa forza che ci trasmette dobbiamo innanzitutto saper “ascoltare la forza” (Tīng Jìn, 听劲) per saperne individuare l’intensità. Questa abilità si può allenare con la pratica del Tui Shou. In secondo luogo, dobbiamo essere in grado di generare, appunto, la stessa forza uguale e contraria. In questo caso ci vengono in aiuto o la muscolatura (soluzione un po’ rozza) o la tecnica, attraverso la postura, il radicamento (per scaricare a terra la forza restando stabili), il rilassamento e lo Shen Fa (Shēn Fǎ, 身法), la capacità di coinvolgere tutto il corpo nel movimento.

Neutralizzare la forza tangenziale: ruotare per attaccare

Attraverso le rotazioni, neutralizzare l’attacco diventa a sua volta un attacco [1].

La forza tangenziale che ci resta da neutralizzare, può essere gestita prevalentemente in due modi. Nel primo caso questa forza residua viene sfruttata per un attacco. Questo può avvenire nei modi più disparati e applicando principi e tecniche diverse che meglio si adattano al caso particolare. Alla base di queste però, il più delle volte c’è un movimento di rotazione originato dall’anca e che deve coinvolgere tutto il corpo (ancora una volta Shen Fa):

Se una forza è applicata alla sfera in un singolo punto, l’intera sfera deve muoversi per poter conservare la sua forma sferica [1].

A titolo esemplificativo, possiamo sfruttare la forza tangenziale tirando l’avversario in quella direzione. In questo modo la forza con cui tiriamo si somma a questa forza residua permettendoci di “tirare più forte” con meno sforzo.

Neutralizzare la forza tangenziale: dissipare per attaccare

Per spiegare meglio questo concetto, richiamiamo quanto detto poco sopra. Sappiamo infatti che possiamo esprimere la forza come:

F=m2×v2m1×v1t2t1F = \frac{m_{2} v_{2} – m_{1} v_{1}}{t_{2} – t_{1}}

Pertanto se dilatiamo il più possibile il tempo di contatto, riusciamo a diminuire l’intensità della forza di attacco. L’istante in cui percepiamo che la forza di attacco si è dissipata totalmente è il momento migliore per iniziare la nostra fase di attacco. Anche questa strategia richiede una certa abilità di Peng Jin e Ting Jin, per riuscire a capire quando la forza si è dissipata tenendo il contatto sull’avversario.

Neutralizzare la forza tangenziale: la freccia e la seta

È come il caso di una freccia esausta che non riesce a forare un pezzo di seta di Shandong. Si tratta della diretta conseguenza della limitazione di spazio e del prolungato periodo di tempo: la forza viene dissipata dallo spazio attraverso cui passa e dal tempo impiegato nel suo passaggio. (…) Quando vengono accresciuti spazio e tempo, il cambiamento fa sì che la velocità divenga inefficace e che la funzione di attacco svanisca: questo è l’obiettivo principale del Taijiquan. Non esiste la difesa; esiste solo il cedimento. Non c’è conflitto diretto; io semplicemente lo eludo. Lasciate che la sua velocità e la sua potenza decrescano; seguite la sua inclinazione; poi attaccate. Non c’è bisogno di una forza eccessiva [1].

Fisica e geometria dell’Arte Marziale: la sfera

Tutto quello che abbiamo detto finora è ovviamente estendibile nelle tre dimensioni ragionando in termini di sfera. In questo caso, possiamo scegliere in quale piano si trovi “il nostro cerchio” e quindi quale sia la direzione di rotazione/deviazione della tecnica in ingresso. Comunemente si considerano le direzioni laterali (destra e sinistra) e frontali (alto e basso); ovviamente però non sono le uniche. In particolare, ragionando in tre dimensioni bisogna sempre considerare che ogni parte del corpo, e non solo le braccia, possono essere il punto di contatto per applicare Peng Jing (forza centrifuga) e la rotazione. Come d’altronde sottolinea Zheng Man Qing:

Se gli oggetti circolari ruotano, producendo un movimento in avanti e all’indietro, allora ogni parte del cerchio ha una potenziale funzione offensiva [1].

Ogni azione nel Taiji Quan è un attacco e ogni punto è una difesa. Questo è quel che intendiamo quando diciamo che cedere è attaccare e attaccare è anche cedere; il negativo ha in sé il positivo [1].

Fisica e geometria dell’Arte Marziale: il triangolo

Per impedire alla sfera la possibilità di ruotare per deviare gli attacchi, la strategia migliore è colpire in direzione del centro, colpendo uno dei suoi “cerchi massimi”:

Immagine di una sfera con evidenziato in rosso il cerchio massimo, per l'articolo la fisica e la geometria dell'arte marziale.

Nell’immagine è evidenziato in rosso il cerchio massimo della sfera verde.

 

Quando la forza arriva direttamente dal davanti e senza deviare sui lati o su o giù, non parliamo più di girare a sinistra o a destra o di ruotare verso l’alto o verso il basso come modi per cedere. Parliamo solo di come ricevere l’attacco [1].

In questo caso la forza d’attacco è totalmente centripeta:

Immagine che rappresenta una forza d'attacco totalmente centripeta a contatto con un cerchio. Per l'articolo la fisica e la geometria dell'arte marziale.

A questo tipo di forza è associata la linea retta o il triangolo, che meglio rende l’idea di convergenza verso un punto.

Immagine che rappresenta una forza d'attacco totalmente centripeta triangolare a contatto con un cerchio. Per l'articolo la fisica e la geometria dell'arte marziale.

Nella difesa usiamo il cerchio e nell’attacco usiamo il triangolo [1].

Quando voi liberate la forza interna è necessario individuare una linea retta che passi per il centro del corpo del vostro avversario. (…) Quando spingete la sfera, la vostra forza deve essere indirizzata verso il centro e in linea retta [1].

La guardia del Liu He Tanglang

L’applicazione di questo concetto si ritrova nella guardia del Liu He Tanglang. Infatti, tradizionalmente la guardia di questo stile prevede entrambe le braccia distese e rivolte in avanti, con mano arretrata quasi poggiata sul polso di quella avanzata, come a formare un triangolo/cuneo.
Questo tipo di guardia rivela immediatamente la strategia preponderante di questo stile, maggiormente rivolto proprio a penetrare la guardia avversaria, avanzando in linea retta, con l’intenzione di travolgere.

Quando l’avversario usa due mani per spingermi frontalmente afferrandomi per gli avambracci, io unisco le mie braccia così da formare un cuneo che spacca in due la forza della sua spinta frontale e riduce in tal modo a zero la sua potenza. Nello stesso tempo il mio cuneo diventa uno strumento di offesa [1].

Neutralizzare la forza interamente centripeta

In questo caso la strategia cambia e, non potendo più contare sulla forza tangenziale per aiutarsi a ruotare, l’attacco va assorbito interamente o contrastato (scelta meno preferibile per la filosofia del Taiji Quan). Anche stavolta però, la capacità di assorbire l’attacco è strettamente legata alla nostra capacità di radicarci nel terreno e sfruttare Peng Jin e lo Shen Fa. Il modo migliore è infatti restituire la forza che riceviamo in attacco scaricando la pressione nel terreno, il più velocemente possibile, attraverso gambe e piedi e la corretta posizione del corpo (in particolare la schiena).

Il movimento dovrebbe essere radicato nei piedi, rilasciato dalle gambe, controllato dalla vita e manifestato attraverso le dita [1].

“Aumentare il proprio peso”

Abbiamo visto che il peso è dato dal prodotto di massa e accelerazione di gravità. Per aumentare il nostro peso possiamo quindi aumentare la nostra massa (e non ci interessa al momento) oppure generare una forza che ha stessa direzione e verso della forza peso. Per fare ciò abbiamo a disposizione diversi strumenti:

  • Correggere la postura, in maniera tale le forze peso di tutte le nostre parti del corpo si concentrino il più possibile nel nostro baricentro;
  • Abbassare il baricentro;
  • Generare una forza che preme verso il terreno nel momento in cui si riceve una spinta. Concetto più facile da sentire praticamente che non da spiegare teoricamente.

Neutralizzare il radicamento

Infine, vediamo brevemente come neutralizzare un corretto radicamento effettuato da chi riceve un attacco. Dal momento che il radicamento dipende da quanto velocemente riusciamo a scaricare la forza sul suolo, la chiave per “sradicare la forza” (Tí Jìn, 提劲) consiste proprio nel mettere a dura prova la capacità di ascoltare (Ting Jin) e di sviluppare Peng Jin di chi ci sta di fronte. Il modo migliore è sfruttare il principio di Hua (huà, 化), cambiare:

Il taijiquan è eccellente anche nella sua applicazione di ti jin 提劲(lo sradicamento della forza). Lo sradicamento può far sì che i piedi dell’avversario si stacchino dal suolo, provocandone la caduta. I classici dicono: “Alternando la forza di tirare e spingere, la radice viene recisa e l’oggetto ben presto vien fatto cadere senza esitazione” [1].

Il segreto è quindi “semplicemente” alternare rapidamente due forze diametralmente opposte.

Fisica e geometria dell’Arte Marziale: in conclusione

Abbiamo visto come alla base di alcuni dei principi che regolano le arti marziali ci siano quindi pochi principi fisici, relativamente semplici e di immediata applicazione. Come accennato all’inizio, e come è facile intuire, non sono tutti descritti in questo articolo. Mancano sicuramente all’appello il principio della leva, il momento angolare e le coppie di forze, solo per citarne alcuni. Speriamo però che già i pochi analizzati permettano di capire come a volte la pratica sia arrivata un po’ prima della spiegazione teorica.

Per approfondire

[1] Tredici Saggi sul T’ai Chi Ch’uan di Zhen Man Qing;

[2] Taiji Quan di Catherine Despeux;

Zhuangzi, l’Arte di seguire il flusso;

Zhuangzi, il cuoco Ding;

Fang Song, un rilassamento attivo.

Questo articolo è stato scritto senza utilizzare in nessun modo l’IA.

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