Diventare famosi o essere ignorati?
È meglio diventare famosi o essere ignorati? Probabilmente in questi anni la maggior parte delle persone sarebbe tentata di rispondere, senza pensarci troppo, “diventare famosi!”. Proponiamo quindi tre storie che riabilitano le enormi potenzialità e i benefici insiti nell’essere ignorati, perché crediamo fermamente che spesso non sia la situazione in sé ad essere negativa, quanto il come noi la viviamo e le nostre aspettative mal riposte. Un semplice cambio di punto di vista potrebbe trasformare completamente la nostra percezione di qualcosa da “svilente” a “entusiasmante”.
Tesshin, lo spadaccino che voleva diventare famoso
Iniziamo con una storia giapponese che parla di un giovane spadaccino, Otsuka Tesshin, che convintosi di aver raggiunto un’abilità impareggiabile con la katana, decise di intraprendere un viaggio con l’unico scopo di diventare finalmente famoso [1].
Tesshin si prepara a partire per diventare famoso
Otsuka Tesshin, sebbene ancor giovane, era diventato esperto nell’uso della sciabola. Essendo ambizioso, desiderava farsi conoscere al di fuori della sua provincia. A tale scopo, aveva preso la decisione d’intraprendere un lungo viaggio in tutto il paese per misurarsi con altri esperti. Ma prima di partire, andò a salutare il Maestro zen Ryuko, superiore di un monastero vicino, che conosceva bene.
Il consiglio di Ryuko: non dispiacerti di essere ignorato, ma di essere ignorante
Quando Ryuko seppe il motivo della sua partenza, disse al giovane Tesshin: «Noi viviamo in un mondo cosi vasto che non potete neanche immaginarlo. Ci devono essere molti uomini della vostra professione che vi sono superiori. L’esito della vostra avventura può essere disastroso.»
Il giovane, intestardito, non sembrava disposto a rivedere la sua decisione. Ryuko continuò: «Guardate me. Io desideravo essere più conosciuto nel mondo. Pratico la meditazione qui da decine d’anni, e quanti discepoli ho oggi? Dobbiamo sapere chi siamo e essere soddisfatti della nostra situazione. Un proverbio dice: “Non dispiacerti d’essere ignorato, ma di essere ignorante”.»
Tesshin rifiuta il consiglio
Questo esasperò a tal punto Tesshin che esclamò, fuori di sé: «Pensate che la mia arte non valga nulla? L’uso della sciabola non ha niente a che vedere con la vostra disciplina. Se esco dalla mia città natale e sfido qualcuno di molto conosciuto nella sua regione e lo batto, l’avvenimento sarà naturalmente riferito ai suoi amici e ai suoi allievi. Se riporto numerose vittorie in altre regioni, la mia reputazione si estenderà a poco a poco in tutto il paese. D’altronde, so di aver raggiunto un buon livello e non ho paura di sfidare chicchessia sulla mia strada.»
La sfida di Ryuko
«Fareste meglio a cominciare da chi sta proprio davanti a voi. Se riuscite a vincermi, potrete intraprendere un lungo viaggio attraverso il paese. Tuttavia, in caso perdiate, dovete promettermi di farvi monaco ed essere mio discepolo» propose il Maestro. Non potendo fare a meno di ridere, Tesshin rispose:
“Voi siete certamente un esperto nell’ambito del vostro Zen, ma sembrate non sapere nulla della sciabola. Se volete davvero tentare la sorte, d’accordo, sono pronto.” Allora Ryuko gli diede un bambù e prese anch’egli un hossu (bastone con un ciuffo di crine di cavallo, portato in genere dal Maestro zen).
Il combattimento e la conclusione
Tesshin, sicuro di sé, cercò di toccare il Maestro con il suo bambù. Malgrado tutti i suoi sforzi, mancò completamente il suo scopo. Esasperato, si accanì. Niente da fare. Colpiva sempre nel vuoto. Di contro sentiva, ad ogni suo tentativo, l’hossu che gli passava dolcemente sopra la testa.
Ryuko finì per chiedergli: «Che impressioni avete in questo momento?»
L’arroganza di Tesshin era scomparsa. Riconobbe con umiltà la sua sconfitta. Il Maestro non perse tempo e domandò subito ad alcuni assistenti di portargli il necessario per radere la testa a Tesshin e trasformarlo in un monaco.
Diventare famosi
La storia di Tesshin ben si collega a dei concetti precedentemente esposti e, in un certo qual modo, li rafforza e conferma. Innanzitutto, la personalità di Tesshin mette in luce diversi aspetti interessanti su cui soffermarsi. Per prima cosa, il giovane spadaccino ha confuso la maestria con la pura abilità tecnica. In secondo luogo, non ha ben compreso “l’occupazione di morte della Via del Guerriero. Infine, manca di umiltà e ha un profondo attaccamento al risultato delle sue azioni.
Vediamo, quindi, uno per uno questi aspetti.
Diventare famosi: la maestria non risiede solo nella tecnica
Abbiamo già visto, nella storia dei tre insegnamenti di Banzo, l’importanza della presenza nella pratica. Anche Tesshin, come Matajuro, crede che la sola abilità tecnica sia sufficiente a sbaragliare qualunque avversario in un duello. Ben consapevole di quanto sia errata questa sua credenza, il monaco Ryuko prova a metterlo in guardia. La mancanza di umiltà di Tesshin non gli fa però percepire il suo errore, nonostante il consiglio e il rimprovero del Maestro. Questi, pur non essendo abile con la spada, schiva tutti gli attacchi di Tesshin, colpendolo dolcemente con il suo scacciamosche. La sua “non-mente” gli permette di cogliere ogni movimento del ragazzo, anticiparne le intenzioni e uscire vincitore dal confronto.
Diventare famosi… morendo
Anche Tesshin ha probabilmente frainteso il fatto che la Via del Guerriero sia un’occupazione di morte. Essere pronti a morire non significa assolutamente cercare di morire in modo sconsiderato. Non è diventando giocatori incalliti di roulette russa che si dimostra di aver sconfitto la paura della morte. Esattamente come non è nell’incoscienza che si manifesta il coraggio. La superbia di Tesshin, inoltre, sembra avergli fatto dimenticare la costante presenza della morte, portandolo in un delirio di onnipotenza che rema proprio contro l’effetto benefico che dona portare sempre quest’idea con sé. Mancare di umiltà inoltre porta a sottovalutare i nostri avversari, esattamente come è successo a Tesshin nell’affrontare il Maestro Ryuko.
Diventare famosi e l’attaccamento al risultato
Inevitabilmente, combattere per diventare famosi significa essere profondamente attaccati al risultato del confronto. Abbiamo visto come questo sia dannoso durante un combattimento, e lo vediamo anche nell’esasperazione che assale Tesshin dopo la serie “umiliazioni” ricevute durante il duello con Ryuko. Affrontare allo stesso modo un duello con un maestro di spada, lo avrebbe quasi certamente portato a perdere la vita. Al contrario, Ryuko combatte con serenità, presenza e calma. Non teme di essere colpito dal bambù di Tesshin (il quale, benché non necessariamente uccida, sicuramente bene non fa) né teme di perdere lo scontro. Allo stesso tempo non è neanche ansioso o sicuro di vincerlo. Anzi, in qualche modo diventa strumento del “fato” affidando all’esito del combattimento il destino di Tesshin e il suo.
Essere ignorati
Una volta sottolineate le trappole insite nel voler diventare famosi, vediamo i pregi e i vantaggi dell’essere ignorati. Per fare ciò, ci affidiamo a due storie tratte da un classico che abbiamo citato più volte: il Zhuangzi. Non prima però di ultimo commento sulla storia precedente e, in particolare, su un’importante frase pronunciata da Ryuko.
Imparare a sapersi “posizionare”
Dobbiamo sapere chi siamo e essere soddisfatti della nostra situazione.
Il monaco Ryuko confida a Tesshin di aver aspirato anche lui alla fama in gioventù. Ora però, abbandonate quelle ambizioni, continua la sua pratica ben contento dei suoi pochi discepoli e della sua vita modesta. Sapersi posizionare è una grandissima qualità, che permette di non cadere né nella mancanza di autostima né nella superbia. Permette di poter insegnare a chi ha da imparare e di imparare da chi ha da insegnarci. In questo modo, chiunque può dare il suo contributo e allo stesso tempo continuare a crescere e migliorarsi. Alla fine del duello, anche Tesshin capisce come deve posizionarsi e, rispettando la parola data, diventa allievo di Ryuko.
Essere ignorati: Zhuangzi e la tartaruga magica
Zhuangzi stava pescando nel fiume Pu, quando il re di Chu gli inviò due ministri con questo messaggio: “Il nostro re vorrebbe coinvolgerti nell’amministrazione dello stato”.
Zhuangzi continuò a pescare senza degnarli di uno sguardo.
Poi disse: “Ho udito che in Chu c’è una tartaruga magica, morta da tremila anni. Il re la tiene in uno scrigno collocato in un luogo elevato nel tempio dei suoi antenati, avvolta in un panno ricamato. Pensate che questa tartaruga preferisca essere venerata come una preziosa reliquia o che preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango?”.
I due ministri risposero: “Preferirebbe essere viva e trascinare la sua coda nel fango.”
“Andatevene”, disse Zhuangzi, “lasciatemi qui a trascinare la mia coda nel fango” [2].
Essere ignorati: Ziqi di Nanbo e l’albero nodoso
Passeggiando sulla collina Shang, Ziqi di Nanbo vide un albero immenso. Mille quadrighe di cavalli avrebbero potuto trovar riparo nella sua ombra.
Ziqi si chiese: “Che albero è questo? Deve certo fornire un legname straordinario”. Ma guardando in alto, vide che i suoi rami più sottili erano curvi e contorti, inadatti a farne delle travi; guardando in basso vide che il tronco era nodoso e fesso, inutilizzabile per farne delle bare. Ne assaggiò una foglia e il sapore gli ferì la bocca; l’odore era tanto acre da far sentire ubriachi per tre giorni.
Ziqi disse: “Questo albero è completamente inutile. Per questo ha potuto diventare tanto grande. Così è anche l’inutilità del saggio.” [2]
Diventare famosi o essere ignorati?
Entrambe le storie mostrano come in realtà “essere ignorati” abbia notevoli aspetti positivi. Nel primo estratto, Zhuangzi paragona la possibilità di fare carriera nell’amministrazione dello stato alla tartaruga magica, venerata e custodita come preziosa reliquia, ma morta. Non esita quindi a preferire di continuare a trascinare la coda nel fango a modo suo, pescando tranquillamente vicino al fiume e vivendo la sua vita umilmente. Come nel sogno del miglio giallo, non sempre una carriera di successo porta il benessere che si può immaginare. Il secondo racconto, evidenzia come un albero così “inutile” e per questo ignorato, sia potuto crescere in santa pace fino a diventare immenso. Se anche una sola delle sue caratteristiche “avverse” non lo fosse stata, probabilmente sarebbe già stato tagliato secoli prima, per sfruttarne le proprietà. L’umiltà è quindi una ricetta di lunga vita, che permette di coltivare noi stessi indisturbati.
Per approfondire
[1] Storie e racconti delle arti marziali della Cina e del Giappone;
[2] Zhuangzi, traduzione di Augusto Shantena Sabbadini;
I tre insegnamenti importanti di Banzo;
Le cinque qualità del praticante;
Mente ferma, attenzione e concentrazione;
La paura della morte e la Via del Guerriero;
Con quale obiettivo combattere?;
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